Il nostro più noto concittadino, Archimede, ci ha lasciato in eredità una città di scienziati ed una caratteristica valida per sempre: “la memoria creativa selettiva dell’animale politico”.
Di cosa si tratta?
Non serve interrogare il divino Otelma (a proposito, che fine ha fatto?) o chiedere lumi a uno dei molti che alla fine di un convegno, approfittando dell’intorpidimento generale, prende la parola dal pubblico e, con la scusa di fare una domanda, tiene il microfono 20 minuti pontificando sui massimi sistemi…
In realtà è molto semplice ed accade sotto i nostri occhi tutti i giorni.
Prendi un “ex”, uno a caso, uno che è stato lì, in cattività politica per così dire, uno che ha toccato con mano, fatto e disfatto, bene e male, poco o molto, con questo o con quello, prima e dopo, di più o di meno.
Non importa.
Prendi uno di quelli, tornato in natura dopo mesi o anni di presenza sulla scena politica. Mettilo lì, fuori dal ring, con il fegato spappolato dall’astio e dal livore logorante dello scranno perduto.
Mettilo a giudicare i vivi e i morti e troverai un uomo nuovo, illibato e fiero, revirginato dal fuoco dell’assenza e sbianchettato che a confronto il bianco di Dash sembra opaco e triste.
Ma c’è di più!
Nel processo di erosione della memoria della cattività, in cui tutto appare sfumato e confuso, in cui, come direbbe Francesco Piccolo, “se c’ero dormivo”, un altro miracolo avviene sotto gli occhi dei più.
Anche la memoria collettiva sembra svanire.
E allora ogni colpa, ogni responsabilità, ogni grappolo perduto della vigna sembra caduto per caso, staccato dolosamente oggi e non masticato e sputato con avidità e non curanza ieri.
A noi, governo ladro e popolo bue, non resta che digerire il pasto altrui invocando il perdono dei peccati.
Ma, come prima di ogni pena da espiare, lasciateci almeno un ultimo desiderio: abbatteteci a vista prima di diventare “ex”.
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