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Il sindaco sulla famiglia finlandese in fuga dalla scuola di Siracusa: «Il loro modello qui da noi non è replicabile»

«Nel sistema in cui sono inseriti, i professori, a Siracusa come nel resto d’Italia, fanno miracoli con stipendi ridicoli e i governi dovrebbero investire molto di più nella scuola, offrendo il tempo pieno nella scuola primaria, e potenziando la formazione continua di docenti e personale. Ma direi che non serve certo questa lettera a valutare le differenze tra il sistema scolastico finlandese e quello italiano, posto che il primo è riconosciuto come uno dei migliori al mondo». Il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, non può e non vuole entrare nel merito delle questioni legate ai rapporti specifici degli insegnanti con la famiglia finlandese Mattsson, che con i suoi 4 figli aveva deciso di stabilirsi in Sicilia, ma poi ha cambiato velocemente idea perché delusa dal sistema scolastico italiano. La lettera nella quale la mamma, la pittrice Elin Mattsson, spiega le ragioni della fuga dall’Italia e la scelta di andare in Spagna, pubblicata per prima su SiracusaNews, è diventata un caso, suscitando un acceso dibattito social.

Sindaco, iniziamo da qui. Lei ha detto che il sistema scolastico finlandese è riconosciuto come uno dei migliori al mondo. Perché? Sarebbe replicabile o auspicabile in Italia?
«I dati sul sistema scolastico sono di dominio pubblico. Il modello finlandese, da ciò che ho letto, ha un grande pregio: avere una minore varianza negli alunni delle classi e presentando livelli di preparazione più omogenei tra gli studenti. È chiaro che la Finlandia ha caratteristiche demografiche, sociali e culturali differenti e il loro sistema scolastico è tarato sulle loro peculiarità, non è detto che siano tutte replicabili in Italia».

Lei, nel 2006, una vita fa, era candidato a Milano con la lista civica di Letizia Moratti, che dal 2001 al 2006 è stata ministro dell’Istruzione. Che scuola intravedeva, 16 anni fa?
«Non sono un esperto di politiche scolastiche,

legislazione scolastica o metodologia didattiche, tuttavia ho sempre considerato la scuola fondamento della Repubblica, perché è lì che si forma il cittadino. È a scuola che si scoprono i propri talenti e si fa esperienza per la prima volta, dello Stato e della società civile. Credo in una scuola in cui la burocrazia lasci spazio a percorsi di educazione e formazione agganciati alla realtà. In questi anni di esperienza amministrativa ho conosciuto dirigenti e insegnanti appassionati, e fortemente determinati a fare la differenza per i propri alunni sostituendosi e supplendo in molti casi alle famiglie».

 

Qualcuno, sui social, ha detto la famiglia finlandese avrebbe trovato una scuola diversa se si fosse fermata in Lombardia: lei è d’accordo?
«Credo sia innegabile che alcune differenze ci sono, soprattutto nell’offerta degli asili nido. Che sono un tema centrale per lo sviluppo della personalità fin dalla prima infanzia e sotto il profilo dei servizi offerti alle nuove famiglie. Quando sono stato eletto sindaco nel 2018, dei sette asili comunali non ce ne era uno agibile o fruibile. È stata dura per le famiglie e certamente per l’amministrazione comunale. Oggi, grazie a fondi regionali e comunali, gli asili comunali sono un fiore all’occhiello della nostra città e sono rimasti attivi senza interruzione per tutti i mesi del 2022. Grazie al Pnrr avremo entro il 2026, 4 nuovi asili nido e 4 nuove scuole per l’infanzia con un incremento di 400 posti in asilo e di quasi 500 nella materna. Due poli per l’infanzia collocati in zone della città prive di questi servizi, sono già a gara grazie a progetti esecutivi e saranno all’avanguardia sotto il profilo della efficienza sismica ed energetica».

Lei è stato vicesindaco con delega alla Cultura e ora sindaco. Dove bisogna investire per la crescita culturale della città?
«Sulla fiducia, sulla consapevolezza e sul senso di appartenenza. I cittadini percepiscono spesso una distanza incolmabile dalle istituzioni. Serve investire su tutto ciò che rappresenta “cura”, su ciò che rende le istituzioni credibili e i cittadini protagonisti, consento loro di partecipare e percepire la cosa pubblica come propria. Serve quindi da un lato una grande azione di riqualificazione urbana, dalle periferie al centro ma dall’altro investire in servizi e qualità dell’abitare. Serve che lo Stato si rafforzi nei settori in cui deve essere più evidente la sua presenza – scuola, sanità, sicurezza – ma che allo stesso tempo faciliti e semplifichi la partecipazione dei privati qualificati. Per fare un esempio, se in Sicilia si avviasse un sistema di gestione del patrimonio culturale che, individuati obiettivi e rigidi sistemi di controllo, favorisse alcune forme di gestione privata quintuplicheremmo i fatturati in pochi anni».

Lei tra i responsabili di Azione, qual è la vostra visione della scuola?
«Azione è stato il primo partito più di tre anni fa a denunciare il depauperamento di risorse e di attenzioni della politica sulla scuola, considerato da Carlo Calenda, assieme alla sanità, il fondamento per far rinascere il nostro Paese. D’altra parte le statistiche europee ci consegnano un quadro desolante da un punto di vista dei nostri investimenti in questi settori e gli anni della pandemia hanno reso tale divario ancora più evidente. Sposo appieno la visione del mio partito che mira all’estensione del tempo prolungato, soprattutto nei contesti più fragili, come opportunità per gli studenti di acquisire ulteriori abilità e competenze non solo nel campo didattico. E sono convinto che occorra riformare il sistema di reclutamento dei docenti italiani che, oltre a salari notevolmente ridotti rispetto ai colleghi tedeschi, spagnoli e francesi, sono vittime del precariato storico».

Che si sente di dire alla famiglia Mattsson, scappata dalla sua città?
«Che l’impatto culturale ed emotivo di un trasferimento all’estero è sempre notevole. Auguro a questa famiglia di essere felice e di trovare un posto in cui sentirsi a casa».

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