Non avevo ancora 11 anni ma ricordo bene quelle immagini in TV, l’atmosfera tesa e il silenzio in casa dei nonni. Enzo Tortora, un uomo colto, per bene, famosissimo personaggio tv, accusato di essere un camorrista e di spacciare.
Ricordo le manette, esibite come una gogna, ricordo i suoi occhi piccoli, neri, impauriti e sgomenti.
Ricordo il processo e la difesa urlata ai giudici: «Io grido: “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.»
Ricordo il pubblico in piedi quando riapparve in tv dopo l’assoluzione ed una intervista nella sua biblioteca in cui diceva: “Eccomi qui, tra i miei libri, ecco la mia droga”.
A trent’anni dalla sua assoluzione penso che la giustizia è una grande utopia da conquistare, ogni giorno.
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